Gain staging: due paroline che spesso spaventano un sacco di novizi e che scatenano dibattiti accoratissimi.
Se vuoi sapere qualcosa in più su questo processo, su come applicarlo nella tua DAW e durante l’uso dei plugin continua a leggere: spero che ne capirai l’importanza.
Che cosa si intende con gain staging?
Il processo di gain staging implica l’entrare in un circuito audio a un livello vicino al suo range di funzionamento ottimale. In parole semplici: dare il livello giusto di segnale, né troppo né troppo poco.
Quando si registra in analogico, per ottimizzare il rapporto tra il segnale e il rumore di fondo prodotto dalle macchine, si registra vicini allo zero; nella registrazione digitale il rumore di fondo è così basso che questo non importa.
Tuttavia lo zero che vedi nei sistemi analogici dotati di Vumeter, quelle bellissime lancette che ballano a tempo di musica, e che nel punk piace far stare fisse sul rosso, non è lo zero che vedi sui meter della tua DAW.
La scala di misurazione è infatti differente. In linea di massima si considera lo zero del Vumeter come corrispondente al -18dBfs (full scale) delle DAW; alcuni lo pongono invece ai -20dBfs.
Dopo lo zero analogico si ottiene una distorsione molto diversa da quello che si ottiene dopo lo zero digitale. Se la prima è di solito identificata col “calore” di una registrazione, quella digitale è invece poco musicale, aspra e in genere non gradita a meno che non sia ricercata per ottenere effetti particolari.
Registrare in analogico o digitale è uguale?
Le schede audio odierne, e l’intera catena del segnale digitale, hanno un rumore di fondo che è molto più basso di quello che si trova nei sistemi analogici come i banchi o i registratori a nastro.
Come ho scritto più su, su questi il rumore di fondo è talmente presente che si tende a registrare a un livello più vicino possibile allo zero analogico per avere una signal-to-noise ratio (il rapporto tra segnale in ingresso e rumore) favorevole; ogni processing con gli outboard introduce poi ulteriore rumore di fondo.
L’abitudine di registrare un segnale più alto possibile è stata trasportata nell’ambito digitale, ma oggi la signal-to-noise ratio gioca a nostro favore: la registrazione nelle DAW permette di gestire segnali molto più bassi di quanto potremmo fare in analogico, senza che il rumore di fondo sia immediatamente percepibile.
Abbiamo a disposizione un range dinamico molto più ampio, sia verso il basso che verso l’alto: non c’è motivo quindi di registrare a tutta canna solo per coprire il rumore di fondo.
Quando registri puoi avere un livello di ingresso moderato nella DAW, e alzare il volume in seguito senza timore di alzare anche il rumore di fondo.
Ma in digitale anche se clippo non succede niente, no?
Se stai pensando che le DAW contemporanee lavorano in floating point (calcoli a 32 o 64 bit in virgola mobile) e che quindi puoi lavorare al livello che ti pare anche se fai clippare i meter hai parzialmente ragione.
Il calcolo in virgola mobile permette di conservare valori in bit molto ampi, che sul meter della DAW sono rappresentati come oltre lo zero ma che in realtà non hanno causato distorsione. Basta abbassare il livello di ingresso o uscita della traccia o del plugin per eliminare l’indicazione di clip.
Ci sono però due momenti in cui devi stare attento a non andare sul rosso sui meter digitali, per evitare distorsioni non recuperabili.
Questi corrispondono ai passaggi dal dominio analogico a quello digitale (e viceversa) in ingresso e in uscita dai convertitori della tua scheda audio. Se vuoi scoprire qualcosa in più sul funzionamento delle schede, leggi questo post.
Il primo lo abbiamo già visto: è in fase di registrazione. Se clippi i convertitori AD (analogico-digitale) della tua scheda audio, crei una distorsione non recuperabile.
Il consiglio più diffuso è di entrare nella DAW con un livello medio (in RMS) di ingresso a -18dBfs, con picchi intorno ai -12, misurato sui meter della DAW. Qualcuno va più in alto, qualcuno va più in basso.
Il secondo momento critico è quando masterizzi la tua traccia: i sistemi su cui poi ascolterai la musica sono dotati di convertitori DA (digitale-analogico) che lavorano a 16 o 24 bit e ogni informazione che supera lo zero digitale viene persa.
Quindi quando registri occhio a non clippare i convertitori della tua scheda audio, e quando stampi il mix evita di clippare il master.
Questo c’entra con la headroom?
Sicuramente. La headroom del segnale è la distanza che hai tra i picchi più alti e lo zero digitale. Se mantieni una buona headroom nelle tue tracce, arriverai con un livello non troppo pompato al master e quindi non rischierai di creare distorsioni udibili quando rientri nel dominio analogico dopo i convertitori del tuo sistema di ascolto.
Non importa mantenere necessariamente i -18dBfs di media di cui parlavo prima; se vuoi stare più in alto, finché non stai clippando, sei comunque al sicuro. Tieni soltanto presente che più spazio hai più è semplice lavorare.
Sì ma i plugin? Se clippano è uguale, no?
No. O meglio, dipende.
Anche se molti plugin lavorano in virgola mobile (e possono quindi salire sopra lo 0dBfs dei meter durante il processing senza perdere informazioni), non tutti lo fanno.
Alcuni plugin non lavorano in virgola mobile ma a 16 o 24 bit. Se ci entri o ne esci con un segnale oltre lo zero digitale hai causato una distorsione non recuperabile anche abbassando il volume.
Ci sono poi plugin che sono progettati per lavorare a un livello simile a quello delle macchine analogiche, come molti compressori o emulatori di registratori a nastro. Perciò si aspettano in ingresso un segnale non distante dallo zero analogico delle controparti reali, intorno ai -18dBfs di cui parlavo prima.
Nel caso di queste emulazioni analogiche è quindi inutile spingere l’ingresso oltre il livello richiesto: otterresti solo un risultato che non è quello previsto. Poi magari è fico lo stesso, ma non è quello che ti aspetti.
Se hai un manuale a disposizione, leggilo. Ti indicherà come usare al meglio il tuo plugin.
Che altro devo fare con i plugin?
Cerca di non aggiungere gain. Ogni volta che processi il segnale in qualche maniera accertati che il livello in ingresso e quello in uscita dopo il plugin sia lo stesso. Anche questo è gain staging.
Questo ti permetterà anche di non farti fregare da un aumento di volume: come ti dicevo nel post sulla loudness, l’orecchio umano percepisce un suono più forte come più bello. L’orecchio del mixerista invece deve percepire le differenze qualitative al netto del volume: allenati a sentirle senza che il livello ti distragga.
Qualche consiglio per un buon gain staging
Nel tuo prossimo mix cerca di avere un livello simile e moderato in ingresso su tutte le tracce. Per farlo, accertati di stare misurando il livello pre-fader e prima di qualunque processing usa un plugin di gain o trim per alzarle o abbassarle. Puoi anche usare sistemi come il region gain (nell’Inspector di Logic) o il clip gain (in Pro Tools).
Controlla sempre di avere un livello costante in ingresso e in uscita dai plugin: molti di questi hanno controlli di input e output, e in caso contrario puoi usare plugin di gain o trim prima o dopo di essi per tenere il livello sotto controllo.
Raggruppa gli strumenti: se utilizzi dei submaster, o bus, o aux (o come li chiama la tua DAW) potrai controllare che la somma dei livelli degli strumenti che ci arrivano non sia troppo alta, e soprattutto dovrai bilanciare solo i fader dei submaster per mantenere un livello adeguato sul master.
Se arrivi al master con una buona headroom potrai aggiungere un sacco di processing senza distorcere il segnale: e se pensi che il volume di ascolto sia basso, beh, alzalo! Per esempio puoi aggiungere un gain sul master, oppure semplicemente alzare il volume delle tue cuffie o dei tuoi monitor.
NON DIRMI COSA DEVO FARE
Non ti sto dando regole, solo linee guida: a volte i risultati ottenuti non seguendo queste indicazioni possono essere interessanti.
Come sempre, sperimenta e gioca il più possibile col suono: se tiri fuori qualcosa di veramente ganzo fammelo sapere!