Chi mixa a casa i propri pezzi a volte rischia di perdersi in potenziali “minuzie” che lo tengono legato alle singole tracce, perdendo la visione di insieme del mix.

Un termine che molti di voi potrebbero aver sentito è mixaggio top-down, e spesso questo viene presentato quasi come fosse la soluzione ideale per i propri lavori.

Tuttavia è molto facile distruggere il proprio lavoro quando si implementa questa tecnica. Oggi vorrei aiutarvi a farla lavorare per voi, invece che contro di voi!

Cosa si intende quando si parla di mixaggio top-down

Se avete letto il mio post sulle prime cose che faccio quando inizio un mix, avrete notato che suggerisco di creare gruppi (o aux, o bus, o submaster…) per gestire la sessione in maniera più ordinata.

Il mixaggio top-down è sicuramente figlio di questo tipo di setup, grazie al quale è possibile applicare facilmente processing di varia natura direttamente su questi gruppi.

Quando si parla di mixaggio top-down ci si riferisce a un mix creato lavorando quasi esclusivamente sul master, o quantomeno effettuando una grossa scrematura del suono su di esso e poi sui gruppi sottostanti.

In questo modo si avrà rapidamente un’idea del suono che stiamo ottenendo in uscita dalla sessione, in particolare attraverso l’uso più o meno intenso di compressione e limiting.

Nel mixaggio top-down adattiamo quindi le singole tracce o i gruppi alla “gabbia” sonora che abbiamo progettato sulla traccia master.

Top è quindi l’elemento contenitore, il master o il gruppo, che diventa il focus di tutta la prima parte del lavoro di mixaggio, se non l’unico focus direttamente, mentre down sono gli elementi via via sottostanti, fino alle singole tracce.

Ma lavorare in questo modo è sempre una buona idea? Non a caso prima ho parlato di gabbia: può succedere che con questa tecnica ci si chiuda da soli in un angolo, creandoci problemi che possono essere difficili da risolvere se non ricominciando tutto da capo. Vediamo quindi il vantaggio e i “pericoli” del mixaggio top-down!

La bellezza del mixaggio top-down: lasci perdere le minuzie

A me è capitato di usare questa tecnica (sui gruppi, non sul master) quando lavoravo sui cori della cover di Rock’n’roll All Nite dei Kiss che ho mixato per una recente compilation-tributo in onore di Alex Ruffini: ho riunito numerose voci, già registrate dignitosamente (spesso bene) in un gruppo sul quale ho lavorato di equalizzatore e compressore per uniformarle velocemente.

La parola chiave qui è “velocemente”. Proprio la rapidità che permette di mantenere nel lavoro, un approccio per certi versi istintivo al mix, che aiuta a non perdere di vista la canzone a favore degli elementi di dettaglio, è la chiave del successo del mixaggio top-down.

Mi sento quindi di dire che, in particolare se siete persone che tendono a lavorare troppo su un singolo dettaglio di una traccia, potreste forse provare a lavorare prima sui gruppi e poi cesellare alla bisogna le tracce in essi contenute: questo vi potrebbe permettere di “sentire” meglio la canzone e non solo gli elementi che la compongono, che poi è il modo in cui il pubblico ascolta i pezzi!

Quando invece le minuzie non le devi lasciar perdere

Top-down, velocità, grandi pennellate però non possono e non devono significare trascuratezza e sciatteria.

Pulizia delle tracce

Lavorare sulle singole tracce, ascoltarle e soprattutto limarle nei punti critici prima di affrontare un mix (che sia top-down o classico) è un passaggio fondamentale di ogni sessione di lavoro. È noioso, è lungo e fa perdere l’eccitazione che spesso si ha quando si comincia a mixare un nuovo pezzo. Sarà per questo che molti mixing engineer delegano le operazioni preliminari agli assistenti? XD

Ritengo dunque necessario applicare i vari filtri passa-alto, passa-basso, compressioni gentili su tracce che ne hanno bisogno: la compressione, il limiting applicato sui gruppi o sul master non farebbero altro che enfatizzare gli eventuali problemi di cui non ci siamo occupati a tempo debito.

Bisogna avere coscienza di cosa si sta modificando

Quando si lavora in top-down si agisce su tutti gli elementi che si trovano nel gruppo che stiamo modificando, indiscriminatamente. Vi sono degli ovvi effetti collaterali, che possono essere evitati solo con azioni a monte sulle tracce problematiche.

Un esempio è il classico effetto “scatola” che molte batterie presentano nel range di frequenze tra i 200 e i 400-500 Hz. Andare a fare un taglio, magari aggressivo, sul gruppo della batteria può compromettere parti potenzialmente utili di suono. Peggio ancora, se il taglio viene effettuato sul master, tutti gli strumenti e le voci saranno privati di parte delle loro mediobasse.

La soluzione migliore è quindi analizzare le singole tracce presenti nel mix fino a che non si identificano quelle “colpevoli”, e lavorare su di esse prima di andare a fare tagli eccessivi sui gruppi o sul master ai quali appartengono.

Effetti indesiderati della catena di plugin

Molti limitano violentemente il master per avere subito un livello di uscita importante, e poi adattano il resto del mix a questo suono. Altri partono magari con una compressione gentile sul master, ma a forza di alzare i livelli delle tracce che ci entrano dentro si trovano con 20 dB di riduzione e un effetto pumping veramente irritante; altre volte si scatena un circolo di distorsione che neanche i puristi del black metal degli anni novanta troverebbero affascinante.

Diventa difficile capire qual è la causa di questi problemi, e se si decide di spegnere tutti gli effetti sul master ci si potrebbe trovare con un suono che non ha nulla a che vedere con il mix che pensavamo di aver fatto. Questo può essere una causa di notevole sconforto, nonché una perdita di tempo che contrasta proprio la velocità offerta da questa tecnica.

Inoltre, proprio chi vorrebbe un master super-loud e che usa il mixaggio top-down indiscriminatamente rischia di avere un suono che “non spacca”: è cosa ben nota che un mix che suona forte lo si ottiene lavorando con la compressione (e i suoni e l’arrangiamento prima di ogni altra cosa) in più fasi, non certo solo sul master (più fasi tutte gentili, oltretutto, non schiacciando tutto come fossimo un rullo compressore…).


Evviva dunque il mixaggio top-down se vi aiuta a mantenere la concentrazione, ricordandovi che oltre il rullante c’è un pezzo intero che aspetta di essere ascoltato; ma come sempre, siate moderati e agite con cognizione di causa, altrimenti vi troverete con un risultato pieno di problemi e poco interessante.

Voi mixate lavorando partendo dalle singole tracce o vi affidate subito al mixaggio top-down? Fatemelo sapere!

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